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La teoria dell'attaccamento

Aggiornamento: 2 ott 2023


"Il bambino si costruisce un modello interno di se stesso in base a come ci si è preso cura di lui" (J.Bowlby)



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Base sicura da cui partire


John Bowlby, autore della teoria dell'attaccamento, sostenne l'importanza per i genitori di "fornire una base sicura da cui un bambino o un adolescente possa partire per affacciarsi nel mondo esterno e a cui possa ritornare sapendo per certo che sarà il benvenuto, nutrito sul piano fisico ed emotivo, confortato se triste, rassicurato se spaventato".

Il punto di partenza essenziale perché il bambino possa aprirsi al mondo, alle relazioni sociali, all'interazione con l'ambiente, è proprio quello di godere della presenza di un "nido", di una base sicura in cui rifugiarsi nei momenti di difficoltà, di crisi.

La teoria dell'attaccamento nasce fra gli anni '50 e '60, in un momento storico ricco di studi riferiti all'etologia e alla cibernetica.


J.Bowlby, staccandosi dal mondo fantasmatico del bambino cui era diretta Melanie Klein, si dedica all'osservazione delle situazioni reali, del rapporto concreto tra bambino e mamma, sostenendo quanto questo sia fondamentale per il futuro sviluppo del piccolo.

Grazie alla ricca ricerca empirica compiuta, J.Bowlby si rese conto di quanto dolore derivasse dalla separazione e privazione del bambino dalla madre e degli effetti che ne conseguivano alla separazione.

Egli elaborò quattro tipi di attaccamento, partendo dal presupposto della sua funzione biologica di protezione.

Per questo studioso l'attaccamento non viene visto come istinto alla nutrizione o alla sessualità del bambino, ma come un legame psicologico. Per tale ragione egli si distanzia dalle teorizzazioni psicoanalitiche.

La sopravvivenza del bambino non è garantita solo dal suo nutrirsi di cibo; c'è una sopravvivenza psichica da considerare, che si nutre di altro.


E' d'obbligo, in questo caso, il riferimento agli studi compiuti da Konrad Lorenz sull'imprinting, un meccanismo geneticamente determinato che evidenzia il legame che s'instaura tra la madre ed i piccoli di specie animali, subito dopo la nascita.

Lorenz divenne a tutti gli effetti la "mamma" di Martina, l'ochetta che, avendo trovato lui e non la sua mamma biologica al momento della schiusa dell'uovo, lo seguiva ovunque.

L'elemento centrale evidenziato da questa ricerca è che Martina senza la sua mamma adottiva si sarebbe sentita sola al mondo, persa, senza orientamento ed alcuna possibilità di sopravvivenza.


Significativo è anche l'esperimento compiuto da Harlow sulle scimmie Rhesus.

I piccoli delle scimmie avevano due possibilità: recarsi dalla "mamma" in fil di ferro che forniva nutrimento, oppure dalla "mamma" di panno soffice che non aveva un biberon di latte.

Ebbene, le scimmiette si recavano laddove trovavano morbidezza, calore, contatto per potersi nutrire di affettività.

Il modello di J.Bowlby è sostanzialmente epigenetico, intendendo con ciò che lo sviluppo del bambino ha a disposizione varie linee evolutive, che si delineano sulla base delle interazioni con l'ambiente.


A Mary Ainsworth, allieva di J.Bowlby, va il merito di avere ideato una tecnica, la Strange Situation, con l'obiettivo di misurare l'attaccamento del bambino mediante l'osservazione sistematica dell'interazione tra il piccolo e il caregiver, nel corso di otto episodi preordinati, all'interno di un ambiente strutturato.

Sono quattro di stili di attaccamento emersi da questo lavoro:

  1. Attaccamento sicuro: bambini in cui è presente ed attiva la protesta nel momento in cui la madre si allontana ed esce dalla stanza ma, sicuri del suo ritorno, continuano la loro esplorazione, il loro gioco, essendo in grado di regolare e sostenere la percezione del pericolo. La figura materna è disponibile all'ascolto del bambino in maniera stabile; un ascolto verbale, non verbale, emotivo. Le richieste di conforto, di vicinanza del bambino vengono quindi soddisfatte.

  2. Attaccamento evitante: bambini che, all'allontanamento della mamma, non reagiscono e la evitano al suo ritorno, eludendo il suo sguardo o il contatto fisico. Una mamma che respinge, ignora le richieste di un legame del bambino con gesti, parole, atteggiamenti.

  3. Attaccamento ambivalente/resistente: bambini che protestano quando vengono separati dalla figura materna ma continuano a farlo anche al suo ritorno, senza alcuna possibilità di attivare il gioco esplorativo. La figura materna è caratterizzata dall'essere imprevedibile: invadente, iper-controllante, comunicando quindi al bambino una presenza costante ma intrusiva.

  4. Attaccamento disorganizzato/disordinato: bambini che esprimono comportamenti in disaccordo tra loro, confusi. Una figura di accudimento portatrice di una profonda sofferenza, di un lutto, un trauma non elaborato che viene agito all'interno della relazione con il bambino.

Modelli operativi interni

In base al tipo di attaccamento ricevuto, ogni individuo possiede un modello operativo interno (MOI) che rappresenta una sorta di mappa su come vengono vissute emozioni, comportamenti, relazioni, su come vede se stesso e gli altri. Modello operativo che si forma nel corso dello sviluppo, grazie all'interiorizzazione delle esperienze.

Quale immagine abbiamo di noi stessi, degli altri? Come affrontiamo le situazioni complesse? Come viviamo le relazioni, gli affetti, la presenza dell'"altro"?

Gli individui che hanno ricevuto un attaccamento sicuro, andranno nel mondo con un'immagine di sé degna di donare e ricevere amore, in grado di affrontare le difficoltà che la vita porrà loro davanti.

Coloro, il cui modello di attaccamento è stato distante, non accogliente di fronte alle richieste di aiuto, evitante, inaffidabile, svilupperanno un'immagine di sé non degna di ricevere affetto, amore, sostegno.

Il MOI che caratterizza la loro persona, è quello di un sé che può contare solo sulle proprie risorse oppure un sé vulnerabile, fragile, carente della capacità di far fronte ai momenti critici della vita.


I Modelli Operativi Interni si modificano nel corso della vita?

L'attaccamento influenza l'individuo per tutta la sua esistenza, ma quest'affermazione non comprende il fatto che i MOI rimangano fissi ed invariabili.

Le molteplici esperienze significative del ciclo vitale (età scolare, adolescenza, relazioni di coppia, familiari, perdite, lutti...) implicano profonde riorganizzazioni delle rappresentazioni interne.

Se le esperienze infantili sono importanti, va tenuto presente che rappresentano l'inizio di un percorso evolutivo che si compone ed arricchisce di tutte quelle future.

I MOI sono caratterizzati da una notevole plasticità e possibilità di rimodulazione per tutto il corso della vita.


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