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La comunicazione con i bambini


Nei primi mesi di vita il neonato dipende dai genitori per l'appagamento dei suoi bisogni o la soluzione dei suoi problemi.

Non è ancora in grado di comunicare verbalmente, ma utilizza il pianto, il corpo per manifestare ciò che prova.

Spesso non è in grado di comprendere cosa realmente lo sta disturbando, proprio perché le sue capacità linguistiche e cognitive sono in fase di sviluppo.

Come posso ascoltarlo e comunicare con lui?

Sintonizzati con i suoi bisogni ed i suoi problemi, cercando di decifrare il messaggio non verbale.

Cosa cerca di comunicarmi? Cosa sta provando?

Non basarti su un'unica modalità nella convinzione che abbia bisogno di ciò che tu pensi.

Facciamo un esempio: il bambino sta piangendo. Tu pensi ch'egli abbia fame, quindi gli proponi il biberon, ma il piccolo lo rifiuta e continua a piangere. Considerando che è l'ora della pappa, tu continui a dargli il biberon, convinta/o che sia ciò di cui ha bisogno.

In realtà egli ti sta comunicando un bisogno diverso; potrebbe avere bisogno di un abbraccio o altro. Sta a te comprenderlo, con pazienza e tranquillità.

Ti propongo un ulteriore esempio più completo, per evidenziare l'importanza di mantenere la calma ed aprire la mente a varie possibilità.

Il bambino si alza dalla culla e piange,

la mamma lo corica e gli dà il suo peluche,

lui smette per un attimo di piangere ma poi ricomincia e butta il suo peluche fuori dalla culla,

la mamma riprende il pupazzo e lo ridà al bambino dicendogli "mi stai facendo arrabbiare, smettila perché altrimenti non lo riavrai",

il piccolo lo ributta e piange sempre di più,

la mamma è sempre più nervosa e trasmette questo suo sentire al bambino, con il suo tono di voce ed i suoi gesti.

Con il passare dei mesi il bambino inizia ad esprimersi verbalmente, ma l'aspetto fondamentale e basilare da non dimenticare, per instaurare e mantenere un'adeguata ed autentica comunicazione, passa attraverso alcuni elementi, che proverò a spiegare con una serie di esempi pratici.

Il mio intento è quello di cercare di entrare nella realtà che ogni genitore vive quotidianamente con il proprio figlio, con l'obiettivo di sostenere una prospettiva autentica.

Il tuo bambino ti fa vedere un disegno e tu, come genitore, tendi a dire "sei stato bravo", "bravissimo".

Ammettilo, anche se quel disegno non ti piace, cerchi sempre di gratificarlo, di lodarlo, per proteggerlo e fare in modo che non viva alcuna frustrazione. In entrambi i casi, formuleresti un giudizio, positivo o negativo che sia.

Se invece tu provassi a dire "sei soddisfatto del tuo lavoro?" , daresti al bambino la possibilità di sviluppare il senso critico, la fiducia in sé ed egli non avrebbe bisogno di conferme esterne. Tre elementi fondamentali per lo sviluppo dell'autostima.

Uno dei bisogno fondamentali del bambino è quello di sentirsi amato incondizionatamente.

Come reagisci di fronte al suo tentativo di esprimere un'emozione?

Se il piccolo sta piangendo, qualsiasi sia il motivo, e tu gli dici "smettila di piangere", "ma dai non è il caso di piangere", "basta con questa lagna", gli stai trasmettendo che le emozioni non vanno espresse, che lui è sbagliato.

Certo è che tuo figlio non si sente accettato, accolto, ma si sente giudicato, sbagliato.

Il bambino ha bisogno di un legame autentico, che lo sostenga ed accompagni nel dare un nome alle sue emozioni, ad accoglierle ed accettarle senza giudizio.

Quindi, di fronte ad un pianto del bambino, prova a dire "sei proprio triste. Posso aiutarti a mandare via queste lacrime?"

Ti è mai capitato di dire a tuo figlio "sei uno sciocco", "sei stupido", di fronte ad un comportamento che reputi sbagliato?

Invece di usare quelle frasi, prova a dire "hai avuto un comportamento sciocco, stupido".

Perché questo cambio di direzione?

In questo modo tu intervieni sul suo comportamento, non sulla persona.

Il bambino deve sentirsi accettato senza condizioni, il tuo messaggio che deve sentire è sempre "tu sei ok per me".

Per iniziare la sua navigazione nel mondo, il piccolo deve acquisire la sua autonomia. Se sente che l'adulto si fida di lui, a sua volta egli è in grado di fidarsi di se stesso e non necessita di continue conferme esterne.

Se, di fronte ad un suo tentativo di fare qualcosa, tu sei pronto ad intervenire, lo anticipi, e magari gli dici "sei piccolo, faccio io", come puoi pensare di trasmettergli fiducia?

Prova a dire "prova ancora, so che riuscirai".

Facciamo un altro esempio:

il bambino urla perché non trova un gioco,

la mamma dice "cerchi la macchinina ma non la trovi",

il bambino la cerca sotto il letto e non la trova.

La mamma dice "non è sotto il letto",

il bambino la cerca in camera e non la trova,

la mamma dice "non è nemmeno qui. Forse è in giardino",

il bambino corre fuori, la trova ed è soddisfatto.

A questo punto la mamma dice "sei proprio orgoglioso di essere riuscito a trovarla".

La mamma non lo ha anticipato, non ha risolto lei la situazione per lui; ha fornito dei feedback ai messaggi non verbali del bambino, lo ha aiutato a sviluppare ed usare le sue risorse, ha dato voce a ciò che lui prova.

In questo modo lo sta educando all'autostima.







o.

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