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La comunicazione nelle relazioni

"Il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione"

Zygmunt Bauman

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Non può esserci relazione senza comunicazione.

Già dai primi istanti della nascita c'è comunicazione: il sorriso, il contatto, i silenzi, le emozioni...., una comunicazione che può essere emotiva, cognitiva, verbale, non verbale, che accompagna e sostiene ogni nostro incontro.

Anzi, a dirla tutta, ancora prima della nascita, mamma e feto comunicano.

E' a partire dalla 18°-20° settimana che l'apparato uditivo del bambino si sviluppa, in modo da poter percepire la voce della mamma e, gradualmente, riconoscerla come un suono familiare.

Nello stesso periodo, il piccolo inizia a rispondere al tocco della figura materna sul ventre, con i suoi movimenti.

Gli assiomi della comunicazione

Lo studioso di più alto rilievo della pragmatica della comunicazione umana ed il primo esponente della scuola di Palo Alto, è stato Paul Watzlawick.

A lui va il merito di aver stilato quelli che vengono definiti gli assiomi della comunicazione:

  1. Non si può non comunicare: anche un "non comportamento", un silenzio, un essere immobili, catatonici comunica; non esiste un "non comportamento".

  2. Sono due i livelli di comunicazione: di contenuto (i dati che vengono trasmessi) e di relazione (le modalità di trasmissione).

  3. La relazione è definita dalla punteggiatura delle sequenze degli eventi: è la punteggiatura che i soggetti utilizzano nella comunicazione a regolare le variazioni dei flussi comunicativi. Il termine "punteggiatura" non si riferisce ai segni di interpunzione, ma alle molteplici possibilità interpretative che si possono attribuire ad un evento comunicativo. Ad esempio, nella comunicazione genitore-figlio, specie nel periodo dell'adolescenza, dobbiamo sempre tenere presente che ciò che diciamo e come lo diciamo, influenza il nostro interlocutore. Se consideriamo sempre e solo il nostro punto di vista, non possiamo aspettarci una comunicazione serena ed autentica.

  4. La comunicazione può essere verbale (numerica) e non verbale (analogica). Teniamo sempre presente che a livello verbale possiamo dichiarare un contenuto che non corrisponde a verità, ma il livello non verbale non può sostenere una bugia. La comunicazione non verbale è dotata di una potenza ben superiore di qualsiasi comunicazione verbale.

  5. Le interazioni possono essere complementari o simmetriche. La comunicazione può avvenire tra due soggetti che sono su piani diversi ( ad esempio un contesto gerarchico) oppure sullo stesso piano (le relazioni amicali).

"Mi ascolti?" "Ti ascolto?"

Vi è mai capitato di parlare con qualcuno ed avere la sensazione di non essere ascoltati veramente?

Di essere interrotti, giudicati, consigliati senza avere la possibilità di esprimere il vostro punto di vista?

Vi siete mai domandati se siete in grado di ascoltare senza formulare nella vostra mente un giudizio, una soluzione..., mentre l'altro vi sta parlando?

La maggior parte delle incomprensioni, delle tensioni, dei conflitti, derivano proprio da situazioni di non ascolto di sé e degli altri.

Situazioni che impediscono di osservare noi stessi e gli altri con uno sguardo amorevole, rispettoso ed accogliente.

Sentirsi accolti ed ascoltati è fondamentale per poter instaurare un rapporto autentico con se stessi e gli altri.

Spesso invece di ascoltare le nostre sensazioni, le nostre emozioni, attacchiamo l'altro, lo incolpiamo, lo giudichiamo. Ciò che resta sono malumori, rabbia, sensi di colpa, frustrazioni.

Poniamoci in ascolto di noi stessi e dell'altro con autenticità.

Come?

Non è semplice perché ognuno di noi porta con sé un bagaglio familiare e socio-culturale difficile da modificare.

Facciamo un esempio: ho sentito dire spesso "sono fatto così". Questa frase comunica un messaggio molto chiaro: "io sono perfetto, non ho nulla da migliorare, da modificare. Sei tu che non mi comprendi, che devi cambiare".

In questo modo è inevitabile che si arriva ad uno scontro che non porta da nessuna parte; il dialogo, la comunicazione, quindi la relazione, si chiude.

Diverso sarebbe dire: "nella mia famiglia ha sempre funzionato così. Questa mia modalità crea difficoltà nella relazione, ci posso lavorare".

Non è semplice andare verso un cambiamento senza conoscerne la direzione ma, armati di consapevolezza, coraggio e desiderio di migliorare, il sentiero condurrà verso la luce.

Siamo in grado di ascoltarci, dare valore ed esprimere ciò che proviamo?

Vi è mai capitato di dire "tanto facciamo sempre come vuoi tu"? Cosa succederebbe se invece vi autorizzate a dire "mi farebbe tanto piacere fare...".

La vostra persona ha tutto il diritto di esprimersi, di dire dei no e di fare emergere la sua voce, i suoi desideri.

Quanta tristezza, quanta rabbia rimane nel dire "e va bene lo faccio. Che palle!", e quanto malumore potete provare voi e l'altro.

Provate a legittimare il vostro sentire e dire "scusami ma non me la sento proprio di fare quello che mi chiedi". Non autorizzate nessuno, e in primo luogo voi stessi, a farvi sentire in colpa.

I vostri sentimenti, le vostre emozioni vanno dotate di sacralità.

L'ascolto di voi stessi va nutrito di gratitudine nei confronti della vostra anima, del vostro corpo, del vostro cuore e del vostro pensiero.

Potreste aver pensato o detto "ho fatto questo per lui/lei e non mi ha neanche ringraziato".

Provate invece a dire "sono contento/a di averlo fatto".

Siate grati verso voi stessi, senza avere la necessità di ricevere conferme esterne.

Non esiste relazione senza conflitto ma spesso, invece di ascoltarci ed ascoltare l'altro per affrontare punti di vista diversi, ci poniamo in difesa ed attacchiamo, partendo dal presupposto che ciò che conta ed è corretto è il nostro punto di vista.

La classica frase "sei proprio uno stupido", presuppone un attacco all'altro, un giudizio sulla persona.

E se provassimo ad esprimere il nostro sentire? "sono arrabbiato con te perché...". In questo caso la comunicazione resta aperta, c'è possibilità di un confronto e la risoluzione di un conflitto. Esprimiamo il nostro sentire, la nostra emozione rispetto ad un comportamento dell'altro non alla persona in sé.

Non è semplice accogliere le emozioni dell'altra persona che ci sta parlando, quindi la nostra tendenza potrebbe essere quella di sminuire, di consigliare, di giudicare, di rassicurare senza rendercene conto.

Invece di dire "ma dai, stai tranquillo, vedrai che passa", "anche a me è successa la stessa cosa, adesso ti racconto", "secondo me stai sbagliando perché...", provate a dire "vedo che sei triste, posso sedermi qui con te?"

Esserci, stare in ascolto è ciò di cui abbiamo bisogno in questi momenti.

Un ascolto autentico fatto di presenza, di vicinanza.





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