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Capricci: che fatica

Un attacco di capricci è un'esplosione emotiva straripante che avviene quando il vostro bambino sente di aver perso il controllo. E' la dimostrazione pratica di ciò che vostro figlio prova in quel momento: caos, confusione e sconforto. Quasi sempre i capricci si verificano quando lui si trova con la persona che ama di più, cioè voi. Ma, dopo tutto, sapevate già che essere genitori è difficile!"

Penney Hames



Partiamo dal presupposto che spesso riteniamo i capricci un qualcosa di problematico, di sbagliato che dobbiamo subito correggere. Cerchiamo di intervenire subito utilizzando la neocorteccia, la parte razionale: "se si comporta così ora figuriamoci quando sarà più grande, mi metterà i piedi in testa", una classica frase che ho sentito e continuo a sentir dire molto spesso.

In realtà i capricci sono la manifestazione di un bisogno inespresso, un bisogno insoddisfatto oppure di un'emozione che il bambino non è in grado di verbalizzare, di comprendere o di esprimere, quindi di autoregolare.

Abbiamo tutti tre cervelli:

cervello rettiliano: regola i bisogni primari, le funzioni vitali dell'organismo, la frequenza cardiaca, la respirazione, l'equilibrio e la temperatura corporea;

cervello limbico: elabora le emozioni;

neocorteccia: sede delle funzioni cognitive e razionali.

Il bambino vive con facilità delle vere e proprie tempeste emotive proprio perché, specie nei primi tre anni, sono predominanti il cervello rettiliano e quello limbico; la neocorteccia si sviluppa fino circa all'età di ventiquattro anni.

Facciamo un esempio: andiamo a prendere il bimbo a scuola, lui ci corre incontro ma, subito dopo, inizia a fare quelli che definiamo i "capricci": piange perché avrebbe voluto una merenda diversa da quella che gli abbiamo portato, oppure non vuole salire in macchina ed inizia ad urlare, a tirare calci al sedile...

Se noi utilizziamo la ragione ed iniziamo a domandargli il motivo di tutto ciò, egli non sarà in grado di fornirci una risposa razionale e ben articolata. E' inutile che ci arrabbiamo, che gli spieghiamo che deve calmarsi, che cerchiamo di convincerlo. In quel momento si è accesa la parte emotiva del cervello del bambino, quindi non ci ascolta più.

Cosa possiamo fare per aiutare il piccolo a regolare questi momenti?

  1. Previeni: se in quel momento il bambino è particolarmente stanco, teso o se è stata una lunga e/o faticosa giornata per noi o per lui, evitiamo di portarlo al supermercato, in un centro commerciale.

  2. Osserva, ascolta: respira, mantieni la calma, osserva il piccolo e prova a chiederti di cosa ha bisogno, cosa sta cercando di esprimere; se sei calmo tu lo sarà anche lui. E' fondamentale che l'adulto sia in grado di agganciare emotivamente il bambino, senza farsi fagocitare dalla sua tempesta emotiva; per fare questo egli deve sentire la nostra sicurezza, la nostra assenza di giudizio, la nostra presenza. Se il bambino alza le mani, è importante gli venga dato un limite, che non gli venga permesso di farlo, ma utilizzando sempre un linguaggio empatico: "capisco che sei tanto arrabbiato con me perché volevi proprio fare quella cosa, ma non ti è permesso picchiarmi perché mi fai male".

  3. Accogli: legittima le sue emozioni, dai loro un nome, fagli sentire che ci sei, che sei con lui e che lo comprendi.

  4. Ferma dolcezza: cerca di essere coerente con quello che hai deciso; "mi spiace tanto tu voglia continuare a giocare ma ora dobbiamo proprio andare".

  5. Si può fare: se, ad esempio, devi andare al supermercato, non fornire al bambino tutta una serie di no ma delle alternative. Abbassati al suo livello, guardalo negli occhi, chiamalo per nome e, invece di dire di non toccare, di non urlare, prova a dire "possiamo guardare con gli occhi", parliamo a bassa voce", "proviamo a cercare questa cosa insieme?".

  6. Tu e lui, nessun altro: se sei in un centro commerciale, in un parco..., ed il bambino vive una crisi emotiva, non badare agli sguardi degli altri, elimina dalla tua mente il timore di essere giudicato. Parti dal presupposto che tutti ci sono passati e che in quel momento è importante che ti concentri sul tuo bambino. Poni il piccolo al centro della tua attenzione perché egli in quel momento ti sta comunicando "ho bisogno di te, da solo non riesco a gestire quest'emozione". Se in quel momento tu perdi la calma, non riesci ad avere la giusta distanza emotiva che ti consente di gestire la situazione e di farlo sentire accolto ed al sicuro.

  7. No punizioni, no ricatti: sono strumenti che trasmettono al bimbo il messaggio di essere sbagliato, inadeguato ed egli pensa di doversi meritare l'amore dei genitori. Le punizioni ed i ricatti spaventano, umiliano e creano un clima di rabbia, di rancore, d'incomprensione, di non fiducia reciproca; non consentono inoltre lo sviluppo dell'autostima. Ogni volta che un genitore punisce un bambino, crea una distanza, una chiusura nella relazione.

  8. Alternativa: forniamo un'alternativa alla richiesta non soddisfatta del bambino dopo avere stabilito una connessione con lui. Mi spiego meglio: se nel momento in cui il piccolo inizia ad urlare, io dico: "guarda, guarda, andiamo a prendere un gelato", sto spostando l'attenzione senza cercare di affrontare la crisi. Così facendo il bambino non si sente accolto, ascoltato e compreso; non gli sto fornendo nessuno strumento per gestire la sua emotività in quel momento. Diverso sarebbe accogliere quell'emozione, mantenere la calma, parlargli con un tono di voce basso e trasmettergli un messaggio accogliente. Solo dopo possiamo proporre un'alternativa: "ti va di andare a fare un bel gioco insieme?", "perché non proviamo a calmarci un attimo e poi andiamo a prendere un gelato?"

Un bambino accolto in modo autentico sa di avere un porto sicuro in cui rifugiarsi, in cui ricevere calore ed amore incondizionato, da cui poter partire con gradualità e spiegare le sue ali, carico delle sue risorse, dei suoi talenti ma anche delle sue fragilità che sarà in grado di affrontare e gestire.














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